venerdì 19 aprile 2013

Gli errori di una guerra ideologica





Edmondo Terzoli


Per prima cosa mi voglio scusare, con chi avrà la pazienza di leggermi, per il titolo; forse troppo forte ma è esattamente quello che penso e voglio condividere con i colleghi oncologi, con gli amici palliativisti e soprattutto con i pazienti ed i loro familiari
. Grazie a questo sito per l'opportunità che mi regala. Per anni ci siamo accaniti a dimostrare che i malati erano nostri(!) di quello o quell'altro specialista; ricordo negli anni settanta le dispute tra chirurghi ed oncologi, poi tra questi ultimi ed i cultori della terapia di palliazione.
O con noi o contro di noi o è bianco o è nero, poi l'eta' e l'esperienza di quasi un cinquantennio di lavoro in oncologia mi hanno convinto che le cose non erano come tanti di noi pensavano: oltre il bianco ed al nero esiste il grigio e guarda caso spesso e' questo colore che ha ragione: Si spesso il grigio e' riflessione, buon senso ed esperienza, lontano dalle guerre di principio del bianco e nero. Partiamo da un assunto: i pazienti non sono esclusività di uno specialista, ma sono patrimonio di tutti i medici e di tutto il personale che di loro si prende cura. Stabiliamo il concetto irrinunciabile di continuità di cura, tutti per uno! Voglio confrontarmi: chi di noi può essere sicuro che una terapia ha terminato di essere efficace, chi con certezza puo' sempre affermare che e' ora di sospendere le terapie, tutte, e passare solo al controllo dei sintomi? Cerchiamo di non essere " integralisti "e perseguiamo insieme le ragioni del bene dei nostri malati. Pensiamo ad un paziente con cancro della mammella con metastasi ossee, in terapia ormonale, e giudicata in progressione, fine dei trattamenti e via alla palliazione. Siamo sicuri di una progressione ossea? Alle volte, certo non sempre, non e' cosi' sicura e allora perché non lavorare insieme, perché non pensare ad una combinazione. Siamo sicuri che il confine netto tra alcune terapie non sia una necessita' amministrativa più che un'esigenza clinica? Riflettiamo sulla difficoltà nella valutazione delle risposte dei farmaci biologici. Oggi sono fortemente convinto che alcune situazioni richiedono il concorso di più terapie. Non per accanimento ma per usare il nostro armamentario terapeutico al momento giusto! Perché non correggere i sintomi e nello stesso tempo esplorare gli spazi su un trattamento specifico? Torniamo a confrontarci con umiltà mentale e con un unico fine: il bene dei nostri pazienti. Gli esempi "di convivenza" possono essere molti come noi tutti sappiamo. Grazie per l'attenzione e grazie a chi vorrà colloquiare con me, un confronto sul problema della continuità terapeutica, credo ci porterà alla convinzione che alle volte e' possibile sovrapporci,........ alle volte.

Edmondo Terzoli

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