giovedì 18 aprile 2013

Come dare senso alla vita che rimane


Anna Ranucci





"L'uomo è un essere alla ricerca del senso della propria vita, e finché egli non realizza questo senso dell'esistenza, non riceverà mai in dono la realizzazione di sé, delle sue possibilità e, con ciò la gioia, il realismo, la pace persino in mezzo al dolore, all'inevitabile sofferenza del nostro essere-qui relativo e temporale".

( Viktor E. Frankl)

Sono un medico palliativista, e da quasi dodici anni mi occupo di cure palliative.
Spesso, con i miei pazienti mi sono ritrovata a riflettere sul senso della vita e che significato dare ai giorni fatti di dolore e sofferenza, dove nel domani non c'e' la guarigione dalla malattia, ma l'individuazione di uno scopo, la realizzazione di piccoli progetti che posano dare la spinta per a ritrovare la forza e l'energia per andare avanti nonostante tutto...

Molto bella e' l'immagine frankliana che dice che "laddove la pianta limitata da un perimetro non puo' piu' espandersi in larghezza puo' ancora farlo in altezza". Ecco perche' malgrado tutto si puo' andare oltre... verso un nuovo stimolo per camminare ancora... per innalzarsi al di sopra di quello che e' un limite posto dal corpo malato...

Tante volte sono rimasta colpita nel vedere pazienti gravi,consumati dal cancro, sdraiati su un letto d'ospedale, privi di forza, ritrovare le energie per aspettare giorni un figlio lontano da salutare...Altre volte ho visto persone spogliarsi delle loro corrazze per mettere a nudo un'anima semplice mortificata nel tempo dal ruolo imposto dalla societa' moderna, ritrovando nell'amore della famglia cio' che avevano dimenticato negli anni.

Ricordo, a tal proposito, un anziano magistrato a cui non era stata comunicata la diagnosi di cancro, durante la degenza ospedaliera, perche' non potendo essere trattato, in quanto cardiopatico, i tre figli, avvocati, avevano preferito che gli fosse taciuta la verita'. Ed al pz. dimesso dopo dieci giorni di ricovero era stato detto di avere un versamento pleurico che gli causava dispnea e tosse e che per questo poteva essere curato a domicilio. All'attivazione dell'assistenza domiciliare i familiari mi avevano riferito che il pz. non sapeva nulla e che loro avrebbero preferito continuare nella cosidetta" congiura del silenzio". Ma quando ho visitato la prima volta il sig. Leonardo, mi sono trovata davanti una persona in pieno posesso delle sue capacita' cognitive, che, ovviamente, mi chiedeva di essere informato della sua situazione clinica, ed il perche' di questa assistenza.

Ricordo che e' stata una comunicazione lunga, intensa, difficile, dove non c'erano parole che potessero alleggerire il peso della verita', dove lo spazio ed il tempo si dilatavano fino a sembrare eterni...

" Dottoressa, lei mi sta dicendo che io ho il CANCRO..."

Ricordo la tensione ed i silenzi di quel pomeriggio di fine ottobre, dove solo gli sguardi davano voce alle parole mute..
Nel corso dell'assistenza ho avuto modo di conoscere un uomo, che per tanto tempo aveva indossato i panni del magistrato e sotto i quali aveva nascosto tutte le sue fragilità, apparendo quindi freddo e distaccato, sempre controllato in ogni circostanza, quasi per paura di lasciarsi andare. La moglie mi riferiva che durante gli anni trascorsi insieme, poche volte lo aveva visto ridere di gusto, ed anche nei confronti dei figli, quando erano piccoli era stato sempre misurato nelle dimostrazioni di affetto.

Un padre presente nell'assolvere ai bisogni materiali con la scelta di cio' che di meglio si potesse trovare per soddisfare ogni esigenza familiare, ma sempre poco per riempire quel vuoto lasciato da una carezza non fatta...Ma la parola "cancro" incredibilmente aveva determinato un cambiamento, aveva strappato  a poco a poco quella toga facendo emergere un uomo "nuovo" che si interrogava sugli errori commessi in passato, un uomo con una "nuova voglia di vivere"... Un uomo i cui figli stentavano a riconoscere la paternita'...

Ricordo un giorno in cui mi racconto' di quanto era stato bene insieme ai suoi nipotini, perche' aveva cantato con loro le canzoncine di Natale, " sa dottoressa e' la prima volta che canto e non sono nemmeno troppo stonato"... Aveva imparato a ridere, a sciogliere quella maschera di ferro per ridare luce al suo volto.
E' stata un'assistenza lunga, forse perche' lungo e' stato il tempo necessario a "chiudere tutte quelle porte" che nel corso della sua esistenza erano rimaste aperte. E anche la malattia sembrava "essersi bloccata", tutto sommato le sue condizioni cliniche si mantenevano "discrete", con pochi farmaci e toracentesi mensili.

Le visite erano diventate incontri in cui lui mi raccontava episodi della sua vita. Fino a pochi giorni prima del ricovero, impegnava il suo tempo "al circolo" dove si vedeva con i suoi amici per qualche doppio a tennis e qualche bracciata in piscina, il suo fisico asciutto e tonico era stato sempre il suo vanto.

"...visto che,ora non posso piu' fare tanti sforzi mi godo i nipotini.. sa c'e' ne uno, di dieci anni che ha la passione delle stelle, anch'io quando avevo la sua eta' ero un appassionato di astronomia, e se non fosse stato per Giorgio non me ne sarei piu' ricordato...la sera, a volte quando il tempo e' sereno scrutiamo il cielo alla ricerca di qualche costellazione a noi conosciuta... ed e' bello sentire la sua voce che grida:" nonno guarda li', quella non e' Orione?...

Trascorreva sempre piu' tempo con la sua famiglia. Ogni domenica si riunivano tutti per andare a pranzo fuori,in qualche agriturismo nei dintorni della capitale alla ricerca del cibo genuino immersi nella natura, e quando ci vedevamo era tutto un raccontare, con gli occhi che brillavano di gioia. La settimana era fatta per aspettare la domenica, con "il pranzo della domenica". Passava il tempo sul pc alla ricerca di nuovi locali dove andare la volta successiva.

La moglie, a volte, accompagnandomi alla porta, mi raccontava di quanto era piacevolmente stupita rispetto a questo suo cambiamento, e che non avrebbe mai immaginato che avesse avuto una reazione del genere, sapendo della malattia. Rimpiangeva il tempo passato, per non aver vissuto con tanta intensita' ed intimita' gli anni precedenti, in cui ognuno preso dalle proprie occupazioni lasciava poco spazio all'altro...e ora che " il futuro si era fatto corto" non si rassegnava all'idea di perderlo.

I figli mi riferivano che spesso il papa' andava in chiesa in orari inconsueti, lontani dalle funzioni, alla ricerca di un silenzio in cui raccogliersi a "dialogare con Dio", "...non so se Dio esiste, ma ora sento il bisogno di cercarlo, ho tante domande da fargli?..."

A  volte quando eravamo soli, si lasciava andare a parlare " della bestia" come la chiamava lui, e mi esprimeva le sue paure, la paura di soffrire, ma non quella di morire, mi ripeteva che la sua vita, lui comunque l'aveva vissuta, ".. ho avuto tante soddisfazioni nel mio lavoro, ed ho una bella famiglia...", l'unico suo rimpianto era quello di aver passato troppo tempo fuori di casa e me lo passava come suggerimento quello di dedicarmi più agli affetti che al lavoro.

E ora a distanza di tempo ripenso al sig. Leonardo, e a coma aveva vissuto l'ultimo periodo della sua vita, era riuscito a dare un senso ai suoi giorni ad individuare uno scopo per cui valesse la pena di andare avanti nonostante tutto, aveva "riconvertito" il suo modo di essere, e l'amore per la sua famiglia era stato il motore per camminare ancora, per uscire dal suo nascondiglio e sentirsi finalmente libero...
E credo sia questa la vera libertà dell'uomo, quella di elevarsi oltre i vincoli terreni, dove si può ancora fare quello che il corpo non può più ...

un confronto che amo fare quando sono con i miei pazienti è quello di paragonare il corpo malato ad un vestito logoro, bucato che è difficile da rammendare perchè troppo sciupato, ma ciò che quel vestito ancora veste è una persona a cui nessuno può togliere il ruolo che occupa all'interno del suo nucleo familiare e della società in cui vive, e che anche se non si hanno più le possibilità di un tempo, si possono fare altre cose, piccoli progetti che fanno da ponte per arrivare a domani e dare un senso a ciò che ci resta da vivere.


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